Storia del quartiere

“La Tenuta delle Tre Fontane dal Medioevo agli orti urbani” di G. Rivolta

Nel libro, “La Tenuta delle Tre Fontane dal Medioevo agli orti urbani”, l’autore Gianni Rivolta racconta la secolare vocazione agricola di quella terra, quasi 500 ettari (oggi in gran parte urbanizzati con i quartieri Eur, Ottavo Colle, Cecchignola) nel quadrante meridionale di Roma, a duecento metri da un’antica abbazia di frati trappisti.
La storia della Tenuta coincide con quella della bonifica dalla malaria dell’Agro romano, un’opera che alla fine dell’Ottocento, ebbe protagonisti 250 forzati della colonia penale delle Tre Fontane, che piantarono 1200 eucalipti dopo aver convogliato, con canali e dighe, le acque della palude.
La storia narrata, frutto di indagini, minuziose e analitiche, che si concentra su di un’ area geografica circoscritta e che investe piccole comunità locali, ha il fascino misterioso dell’antico, ma anche la presa d’atto di una realtà odierna deturpata, che reclama di essere modificata perché la comunità locale se ne riappropri. Questo mi pare il senso che il giornalista Gianni Rivolta abbia voluto trasmettere col suo “La tenuta delle Tre Fontane”.
E’ la storia di un territorio di circa 500 ettari, un tempo campagna romana a tutti gli effetti, sormontato dalla millenaria abbazia cistercense, oggi tra Eur, Montagnola e Serafico. In particolare: le Tre Fontane [ndr: già “Acque Salvie] è una località situata a tre chilometri da Porta San Paolo, nelle vicinanze dell’Eur, sulla sinistra della via Laurentina. L’abbazia omonima, circondata ancora oggi da boschi di eucalipto, per secoli è stata il centro religioso e produttivo di tutta la zona circostante (pp.9). Un racconto, corredato da diverse foto d’epoca e da antiche mappe, che prende le mosse in particolare dall’alto medioevo, dai tempi dell’esarca Narsete, per poi proseguire, di secolo in secolo, con l’opera di Monsignor Nicolai, i saccheggi al tempo della Repubblica Romana, la giurisdizione della parrocchia di San Paolo, il XIX secolo della società agricola, della bonifica e della lotta contro la malaria, frutto del lavoro massacrante dei frati trappisti e di centinaia di forzati della colonia penale, fino ad approdare ai giorni nostri, dal periodo fascista, alla battaglia della Montagnola e alla figura dell’abate Leone Ehrard.
Quella terra fu campo di scontro tra i granatieri dell’esercito italiano e i nazisti, la notte tra l’8 e il 9 settembre 1943, nella Battaglia della Montagnola.
Vi parteciparono anche i cittadini del quartiere.
Gli stessi frati trappisti fecero la loro parte nascondendo nell’abbazia otto ufficiali italiani e due famiglie di ebrei. Una fotografia del 4 giugno 1944, pubblicata nel libro di Rivolta, ritrae l’abate Leone Ehrard insieme con gli ufficiali italiani ancora travestiti da conversi. Oggi su quegli orti, ultima testimonianza urbana della campagna romana, si nasconde l’insidia di una nuova colata di cemento: 400mila metri cubi con la firma di un nutrito pool di costruttori romani. È l’intervento urbanistico noto come I.60, tra le vie Grotta Perfetta e Ballarin. Le proteste dei cittadini, dei comitati “a difesa” e dello stesso Municipio VIII, per salvaguardare il percorso del Fosso, il sito archeologico e quel che resta del paesaggio, continuano ancora. Intanto, a curare orti e giardini urbani in quell’ettaro di terra, insieme con i cittadini, sono scese in campo associazioni, gruppi scout. Rivolta descrive anche il valore sociale dell’esperienza.
Racconta dell’orto didattico, meta di scolaresche e curiosi.
Una storia che diventa stretta attualità, tanto più in presenza di una campagna romana che in questi ultimi decenni, complice il diffuso malaffare, è stata devastata dal cosiddetto urban sprawl (la crescita urbana disordinata) e comunque da piani urbanistici a dir poco discutibili. Leggiamo: “A seguito del piano regolatore del 1962 e del 2004 il territorio delle tenute storiche di Sant’Alessio, Grottaperfetta e Tre Fontane è stato quasi completamente edificato” (pp.83). Oggi è rimasto soltanto da salvaguardare un lembo di terra, ultima testimonianza di quella che fu la Tenuta delle Tre Fontane e che da pochi anni un gruppo di cittadini ha recuperato dal degrado per farne i cosiddetti “orti urbani”: l’area di circa seimila metri quadrati è stata risanata e dissodata ed è stata ufficialmente concessa dal Comune di Roma all’Associazione Orti Urbani Tre Fontane” (pp.88).
Sessantacinque orti coltivati biologicamente e in maniera condivisa, affidati a famiglie e associazioni, un orto didattico a disposizione delle scuole, alveari e un lombricaio. Così, la storia di una campagna che non sappiamo se davvero diventerà soltanto un lontano ricordo o riuscirà a sopravvivere pur in un lembo di terra curata da cittadini, i nuovi coloni del terzo millennio. Noi dell’Associazione Ottavo Colle che da tempo combattiamo perché sia salvaguardato il Parco del Tintoretto e i nostri orti urbani dell’Associazione Ortolino, dallo scempio di una superstrada a 4 corsie che avrebbe dovuto sventrare il parco e salire da Vigna murata al Tintoretto abbiamo ottenuto dal Comune di Roma una delibera che si impegna a salvaguardare Parco e orti urbani dall’ennesima invasione di cemento.
Noi come la storia narrata nel libro “La Tenuta delle Tre Fontane dal Medioevo agli orti urbani” vogliamo sperare che il nostro Parco ed Ortolino continuino la tradizione del recupero delle aree verdi alla fruizione dei cittadini nel rispetto del territorio e della natura. Infatti conclude Gianni Rivolta : “Oggi gli Orti urbani, quest’ultima lingua di terra baciata dal sole e battuta dal vento che dai Colli Albani corre verso il mare, rappresentano l’unica e ultima realtà che ancora testimonia la vocazione agricola dell’antica Tenuta delle Tre Fontane” (pp.94).